VINI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO , vini Sloveni (ex jugoslavia), vini Bulgari, Romeni, Moldavi, vini georgiani, Greci, Ciprioti

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VINI SLOVENI
La neonata nazione Slovena (1991) si estende dal sud, lungo la Croazia, a nord lungo il confine italiano delle Alpi (Carniche e Giulie) e poi verso est con l’Astria e l’Ungheria. Le estremità est e ovest sono tradizionalmente zone di produzione di vino. L’ovest predilige lo stile italiano dei bianchi secchi (il Collio che va dal Friuli alla Slovenia) e dei rossi robusti, notevole il Teran prodotto con il Refosco sulle colline Istriane. Verso est i vini si orientano allo stile magiaro, aromi intensi da uve raccolte a maturazione avanzata.
Al centro tra queste due c’è la terza regione vinicola del paese, la valle di Sava che ha carattere alpino, produce vino più leggero in particolare Cvicek rosé dal Blaufrankisch qui chiamato Modra Frankinja. La parte più estesa e antica (la valle della Drava e le colline tra la Drava e la Mura) produce in prevalenza bianco. L’uva base è il Laki (Welsch) Riesling e poi Pinot (bianchi e grigi), Chardonnay, Sauvignon (Muscat-Silvaner), Riesling, Traminer, Moscato giallo, Rizvanec (Muller-Thurgau) e Kerner tutti in uvaggio. Rebula (Ribolla), Sipon (Furmint), Ranina, e la specialità di Radgona il cui vino è venduto come “Latte di Tigre” ma è una tigre docile. E le miscele sono così variate che sembrano casuali come, per esempio, l’Halozan, una specialità della vineria centrale di Ptuj che è una miscela di Riesling Renano, Moscato, Pinot bianco, Sauvignon e Traminer. Questa regione si divide in sei distretti che fanno capo a Maribor, la collina di Haloze, Ptuj, Gornja-Radgona, Ljutomer-Ormoz (il cui vigneto si chiama Jeruzalem dal tempo delle crociate) e Lendava.
Le vinificazioni centralizzate tendono ad appiattire le peculiarità dei vari distretti ma la Slovenia ha chiaro il suo ruolo di produttore di vini di qualità. I suoi 20.000ha di vigneto non bastano a soddisfare la richiesta interna, ogni giorno si importa vino ma contemporaneamente cresce l’iniziativa dei privati che si stanno costruendo una reputazione. 

VINI DELL’EX - IUGOSLAVIA
La guerra bosniaca degli anni ’90 ha disintegrato la Iugoslavia e, tranne la Slovenia che ha sciolto i suoi legami nel 1991, le regioni vinicole dei paesi coinvolti sono mutate nell’assetto contingente e in quello culturale. Per facilità tratteremo di queste regioni a prescindere dalla loro attuale, e rissosa, situazione geopolitica.
I Balcani sono ricchi di antiche varietà di uve, si dice che tra la Pannonia e la Grecia ci siano trecento varietà; la zona della Bosnia Erzegovina fa eccezione per la natura del territorio e della cultura islamica che fanno della vite una coltura poco praticata tranne che per la costa della Dalmazia e l’interno fino a Mostar dove si produce lo Zilavka bianco di carattere secco e dal profumo di albicocca. La regione a nord del fiume Sava, tra Zagabria e Belgrado, produce vini bianchi e l’uva più usata è il Welschriesling conosciuto come Grasevina. Nella Vojvodina, parte della pianura della Pannonia, si allevano Ezerjo e Kadarka ma i migliori sono Sauvignon, Traminac e Grasevina dalle colline di Fruska Gora. A sud di Belgrado l'uva bianca Smederevka per un vino passante lascia subito il posto soprattutto al Prokupac, vigoroso rosso della Serbia che, tra Smederevo e Svetorazevo, rappresenta l’80% della produzione. Il Kosovo ha scoperto un buon mercato per il Cabernet e per un dolce Pinot Noir venduto in Germania con il nome di Amselfelder.
Nel sud il miglior rosso locale è il Vranac del Montenegro e della Macedonia che, a treq-uattro anni è perfino di classe. Le cooperative Croate e Serbe hanno dimensioni industriali mentre la Dalmazia ha piccole tenute. Da Rijeka in giù il miglior rosso è il Plavac Mail con il suo piccolo chicco scuro, pare imparentato con l’antesignano dei Cabernet originario dell’Albania, che produce i pastosi e dolciastri Dingac e Pstup nella penisola di Peljesac e un magnifico Prosek che ricorda un Porto leggero e le cui versioni più pallide sono note come Plavina o Opol. Alcuni vini di forte personalità sono prodotti nelle isole e nascosti come tesori privati. Il Grk di Korcula, bianco secco, il pallido e profumato Bogdanusa di Hvar o il simile Vugava di Vis, il Marastina delicato come lo Smokvica di Hvar o potente nella versione di Prosek bianco e il Posip, stessa uva del Furmint, e che hanno tutti un carattere differente dal moderno Sauvignon blanc.

VINI BULGARI
Estesi vigneti sono stati piantati negli anni ’50 in queste terre ricche allo scopo di alimentare l’esportazione verso l’Urss e l’Europa. Nel 1978 ha preso il via un sistema di denominazione geografica rigido, sulla carta, come quello francese. Il livello più basso per l’esportazione è detto Quality, poi i DGO o vini regionali (cuvée di due uve) e Controliran (la nostra DOCG) destinata solo a singole varietà in 24 regioni selezionate. Reserve per vini che maturano in tini di quercia 3-4 anni e Special Reserve di produzione limitata (anche se non Controliran) ma che rappresenta il meglio in assoluto.
Dopo l’adeguamento alla normativa comunitaria, la Bulgaria conquista il mercato britannico ed oggi è il secondo esportatore mondiale di vino in bottiglia, dopo la Francia, con il 90% della sua produzione. Non è mai esistita in Bulgaria una tradizione vinicola, per via del dominio turco e la tradizione islamica che è terminata solo il secolo scorso.Ecco perchè i migliori vini del paese sono i Cabernet (dai dati ufficiali la Bulgaria coltiva a Cabernet un’estensione quattro volte quelli della California), gli Chardonnay e i Merlot. Naturalmente si coltivano anche vitigni locali.
Nel nord, lungo il Dunav (Danubio) e il Gamza il miglior produttore è Lovico Suhindol, la prima cooperativa bulgara fondata nel 1909 e privatizzata nel 1992. Pleven è la culla del Pamid e Russe è specializzata nei vini bianchi. Gli Chardonnay più famosi vengono da Khan Khrum e Novi Pazar, Shumen e Varna. La catena balcanica degli Stara Planina divide la Bulgaria al centro in nord e sud. Karlovo, nel cuore delle montagne, è zona di vino bianco da Misket e Muscat e anche di vaste coltivazioni di rose damasche da cui si ricavano olii essenziali ed essenze.La zona meridionale di Haskovo produce Merlot e Cabernet, Oriachovitza una miscela di Cabernet e Merlot, Stambolo e Sakar il Merlot, Silven (sede della più grande vineria del paese) Cabernet e una miscela di Merlot e Pinot Noir.
La specialità di Asenovgrad e di Plovdiv (la seconda città della Bulgaria) è un denso, purpureo, memorabile Mavrud. Oltre i monti Rhodophe, vicino al confine con la Grecia e la Serbia, la città di Melnik, capitale dell’Harsovo, dà il nome al più originale dei vini bulgari.

VINI ROMENI
La Romania ha un clima continentale, con estati torride, moderato dai Carpazi che si elevano fino a 2400m e ne occupano la metà del territorio e dal Mar Nero che lambisce per un breve tratto. In Romania un programma di conversione degli anni ’60 ha portato il paese al sesto posto europeo con i sui 247.000ha vitati e all’ottavo come produttore. La maggior parte dei nuovi vini sono prodotti con uve locali come il vino che in passato era famoso in tutto il mondo: il Cotnari che il secolo scorso era servito nei ristoranti parigini come la Perla della Moldavia poi caduto in disuso anche se oggi si comincia a rifarne.
Il Cotnari è un bianco naturale da dessert ma senza ossidazione: pallido, delicato e aromatico è il risultato delle uve botritizzate di Grasa e Frincusa in uvaggio, per i profumi, con Tamaioasa e Feteasca ottenuto con una breve permanenza in botte, la sua complessità si svilupperà nella bottiglia. Il Cotnari arriva da quella parte della Moldavia, nella Romania nord-orientale, che fu lasciata ai Rumeni dai Russi. Oggi la Romania è divisa in otto regioni vinicole. La Moldavia è la più estesa con oltre un terzo dei vigneti della nazione e produce soprattutto bianchi e i paesi più celebrati sono Cotesti, Nicoresti, Panciu (nota per lo spumante) e Odobesti che è un centro di produzione di brandy.
Il suolo dei vigneti è vario ma in maggioranza sabbioso e, a volte, lo strato sabbioso è così alto che la vite è piantata in buche profonde tre metri perchè metta radici in terreno adatto. Seguendo la curva dei Carpazi si scende in Muntenia famosa per i suoi vigneti di Dealu Mare. Queste colline ben irrigate, con i pendii esposti a sud godono di una temperatura superiore alla media del paese e sono destinate al Cabernet, al Merlot e al Pinot Noir ma anche al Feteasca Neagra. Tra i bianchi una specialità su tutte: il Tamaioasa (il suo nome significa incenso) da dessert, pastoso e aromatico, proveniente da Pietroasa.
Dalla breve costa rumena del Mar Nero, attraversando il Danubio in direszione est, si arriva in Dobrogia che ha il clima più soleggiato e meno piovoso e, tra i suoi vigneti Murflatar ha una buona reputazione per rossi leggeri e bianchi deliziosi come per gli Chardonnay dolci da uve che maturano in terreni calcarei temperati dalle brezze marine. Le coltivazioni delle colline pedemontante, sparse tra Muntenia e Oltenia che insieme hanno più di un quarto dei vigneti della nazione, hanno ciascuna una propria specialità. Pitesti è conosciuta per i bianchi aromatici, soprattutto quelli di Stefanesti. Dragasani per Cabernet, Merlot e Pinot Gris, specialmente quelli di Simburesti. Segarcea ha un nome affermato nella produzione del Cabernet e sta diventando celebre anche con il Pinot Noir. Nell’estremità occidentale della Romania è chiaramente percepibile l’influenza ungherese. Molti dei rossi del Banat e del Crisana sono prodotti con l’uva Cadarca (che è la Kadarka ungherese) e i migliori vengono da Minis. la principale uva bianca è il Welshriesling. La regione di Maramures produce principalmente vini bianchi.
La Transilvania rimane una sorta di isola al centro del paese: un altipiano a più di 460m di altitudine, freddo e relativamente piovoso, che è favorevole alla produzione di bianchi freschi e vivaci. Da Tarnave arriva il migliore Feteasca secco e da Alba Julia Gewurztraminer e un Muscat Ottonel particolarmente aromatico.

VINI MOLDAVI
La Moldova (già Moldavia) è indipendente dal 1991 ma ha sempre gravitato nell’orbita rumena e sovietica ed i suoi vigneti sono anche il frutto dei piani russi e, ancora prima, dell’interesse dei Romanov che fecero impiantare 600ha di Cabernet, Merlot, Malbec, Rkatsiteli e Aligotè da vignerons francesi e fondarono, qui, la prima scuola enologica di Russia nei dintorni di Stauceni. In quanto fornitrice della Russia, nel XIX secolo, in Moldavia si sono costruite enormi e sofisticate cantine non solo per i vini da tavola ma anche per lo sherry (a Ialeveni), spumante (a Cricova) e brandy (a Balti).
Attualmente i Moldavi coltivano un vigneto di 180.000ha e l’area più favorevole è la parte centro-meridionale intorno alla capitale, Chisinau. Il suo vigneto più famoso è a Purcari, nel sud-est, dove Cabernet e Saperavi, splendida uva rossa della Georgia scura e succosa, danno vita ad un magnifico vino. Quando la vendemmia di Negru de Purcar del 1963, venne presentata in Occidente nel 1992, fece scalpore tanto che perfino i Penfolds, australiani, costituirono una jointventure con i Moldavi.

VINI DI CRIMEA E GEORGIANI
Negli anni ’50 la Russia optò ufficialmente per il vino a spese della vodka, a quella data aveva poco più di 400.000ha di vigneti che nel 1985 erano diventati 1.400.000 per cui erano secondi dopo la Spagna per superficie vitata e terzi, dopo Italia e Francia, per produzione di vino. Chiaramente l'obiettivo primario non era la qualità se per gestire queste quantità era stata predisposta una rete di aziende vinicole di prima e di seconda lavorazione. Le fabbriche di prima lavorazione si occupavano della pigiatura e della fermentazione, poi il vino veniva inviato in cisterne agli impianti di seconda lavorazione, situati nelle zone di maggior consumo dove si concludeva la vinificazione e si imbottigliava ad alta temperatura.
La seconda rivoluzione russa del 1989 non ha cambiato radicalmente il sistema, ma ha aperto la porta a quelle imprese in grado di offrire qualità senza passare per Mosca e le più importanti furono la Moldavia, la Crimea e la Georgia. La Crimea diventò parte dell’impero russo sotto Caterina la grande alla fine del XVIII secolo e, dal 1820, il conte Mikhail Woronzov cominciò a curarne la viticoltura costruendo una vineria e più tardi si trasferì ad Alupka nei pressi di Yalta e fondò un Istituto Enologico nei pressi di Magarach. Dopo la guerra di Crimea (1854-56) lo zar fece costruire un palazzo a Livadia, tra Alupka e Yalta e il principe Lev Galitzine ebbe grande successo nel produrre "champagne", la seconda bevanda preferita in Russia, nella sua tenuta di Novy Svet (nuovo mondo) ed è una produzione che continua. Nel 1890 lo zar fece costruire vicino a Livadia “la più bella vineria del mondo” e incaricò Galitzine di sviluppare il potenziale della costa meridionale, una stretta fascia di 80km tra le montagne e il mare, per la produzione di vini dolci di ogni genere.
I nomi di Massandra, Livadia, Alupka e Novy Svet, come quelli di Alusha, Ai-Danil e Ayu- Dag riapparvero nel 1990, a Londra, in un’asta unica di Sotheby’s in cui furono messi all’incanto vini della collezione ufficiale di Massandra, iniziata da Galitzine nel 1880. Furono chiamati “Porto”, “Scherry”, “Tokaj” e perfino “Yquem” con l’eccezione dei moscati, bianchi, rosè o neri. Il bianco Massandra Muscat de la Pierre Rouge e il Rosè Muscat of Livadia erano, forse, i migliori in assoluto.
Diversa è la situazione della Georgia che non è stata invasa dai vigneti dei piani quinquennali e che potrebbe essere la patria ancestrale del vino. Le sue varietà locali sono più di 500 e i microclimi delle sue valli tra il caldo-umido vicino al Mar Nero fino all’interno quasi arido di Kakhetia, offrono terroirs idonei per ognuna di essi. I contadini georgiani usano ancora fermentare i loro vini nei kwevri (quevri) sotterrti fino al collo ottenendone vini aromatici anche se primitivi...o forse piu che primitivi hanno mantenuto intatta una tradizione che, se pur lontanissima dalla viticoltura moderna, mantiene una sua caratteristica unica. Pushkin beveva Kakhetian a San Pietroburgo e lo paragonava al miglior Borgogna. Nonostante le epiche lotte con le tribù musulmane del Caucaso gli aristocratici russogeorgiani fondarono degli chateau; tra questi Tsinandali era e rimane il più famoso. Oggi il paese non ha risorse per rinnovare le sue cantine e il rosso Saperavi rappresenta il miglior vino possibile e viene venduto anche come Mukuzani e Napareuli. Meno interessanti sono i bianchi Tsinandali e Ghurdjaani. Popolare e a buon mercato è il Champanski della Georgia prodotto con il metodo del “flusso continuo”, una delle più positive e allettanti innovazioni tecnologiche Irlu bsascei.n o del Don, intorno a Rostov, è specializzato in vini spumanti tra i quali è molto quotato il rosso Tsimlyanskoye; a sud di Krasnodar, ad Anapa, si coltiva l’unico Riesling russo destinato all’esportazione.
Il Chiorniye Glaza (occhi neri) è il Porto della Repubblica russa. L’Armenia, l’Azerbaijan e la costa del Caspio fino a Machackala sono i luoghi classici dei vini da dessert: forti e dolci, rossi, bianchi o ambrati, talvolta anche cotti come il Madeira.

VINI GRECI
Da quando è entrata nella CE, in Grecia è iniziato un processo di denominazione dei vini che ha consentito di mettere a fuoco delle specialità locali prima trascurate. Alcune sono memorabili, ma tutte meritano di essere provate anche se, poi, nei ristoranti turistici si continuano a trovare il Demestika di Achaia- Clauss a Patrasso, il Lac des Roches di Boutari e Salonicco, il Kouros di Kourtakis in Attica...
Un abisso con pochissimi ponti divide la Grecia antica da quella moderna e uno di questi è l’abitudine di bere vino resinato, retsina, un’usanza che risale a tremila anni fa quando gli dei camminavano sulla terra. Sono state trovate tracce di resina di pino in antiche anfore greche. Si ritiene che fosse usata come conservante ma è più probabile che lo scopo vero fosse quello di migliorare il vino. L’Attica, la regione di Atene, e la grande isola di Eubea sono la patria del retsina che però si produce un pò ovunque: a Lemnos se ne produce un tipo con il moscato, anche se in genere è un bianco ottenuto dal vitigno Savatiano, oppure rosato kokkineli. Nel Peloponneso si produce un quarto del vino greco da oltre la metà dei vigneti del paese. L’uva sultanina, detta anche uva di Corinto, rappresenta ancora una delle principali industrie e il vino più rappresentativo è il rosso ottenuto dall’uva Agiorgitiko, una varietà unica e antica, dalla quale si ottiene un vino complesso e speziato. La cooperativa di Nemea è il principale produttore e il suo migliore lo chiama Kava Nemea, un’altra buona marca è Grand Palais. L’altro buon rosso di Patrasso, il Mavrodaphne, viene irrobustito ed è sullo stile del Recioto veneto. Tra i bianchi il Mantinia dell’Arcadia, il Rhoditis di Patrasso e dei moscati da dessert difficili da trovare.
L’interno montuoso della Grecia è la zona con meno denominazioni. Nell’Epiro, intorno alla città ottomana di Ioannina si produce un bianco, spesso frizzante, chiamato Zitsa, che veniva apprezzato da Byron. A Metsovo ci sono i più alti vigneti della Grecia, arrivano fino a 1.200m e si producono i Cabernet chiamati Katoyi. In Tessaglia, verso est, si produce l’Ankialos il bianco giusto per accompagnare i calamari e il Rapsani, sul monte Ossa, che è un rosso da bere giovane e, possibilmente, aspro. Da un punto di vista geografico la Macedonia è più balcanica che greca e questa è la regione del rosso, dominata da una varietà lo Xynomavro da cui si ottengono i vini più gustosi della Grecia.
Naoussa è il centro migliore con 800ha e le aziende di Boutari e Tsantalis, insieme a una buona cooperativa, ne fanno buone bottiglie. Il Naoussa compare anche in miscele: il Cava Boutaris mescola Naoussa e Nemea del Peloponneso. Il Cava Tsantalis è Naoussa aggiunto di Cabernet. Il Goumenissa viene da un’area più a nord ed è più delicato. L’Amindeo (445ha a 650m) è un vino leggero rosso o rosé, spesso petillant.
A sud della Macedonia, nella penisola Calcidica, John Carras pianta una vigna di 400ha di uve greche e francesi a Sinthonia e nel 1981 ottiene la strana denominazione Cotes de Meliton che commercializza con i marchi Chateau Carras e Domaine Carras che è la numero due. Produce buoni vini che riflettono poco le qualità locali; ma nemmeno i vini Tsantalis Agiorgitiko dei monaci del monte Athos sono privi di apporti stranieri. Tra le isole Creta è la più grande produttrice di vino: nel centro montuoso dell’isola i rossi Arhanes, Peza (anche bianco) e Dafnes adatti all’uomo minoico più che al moderno e nell’est, a Sitia, rossi forti e aromatici sia secchi che dolci. Seguono Cefalonia in particolare per il Rombola, o Robola, e Zacinto per il Verdea. Nell’Egeo, alcune isole producono vini dolci da Malvasia e Moscato e Samos è la migliore e forse l’unica esportatrice con vini limpidi e allettanti e con la sua essenza, il Nectar.
A Santorini si producono bianchi molto secchi, potenti e intensi in piccoli nidi sulle alture spazzate dal vento. Rodi ha un clima ideale e negli ultimi tempi i suoi vini cominciano ad essere intressanti: il rosso Chevalier de Rhodes, il bianco Ilios, alcuni moscati dolci e uno spumante molto rinfrescante che ti riconcilia con il mondo a berlo in questo angolo di paradiso.

VINI DEL MEDITERRANEO ORIENTALE
Sicuramente in questi luoghi c’è stato il primo approccio dell’uomo con il vino. Poi, non si sa con quale efficacia, i seguaci del Profeta cominciarono a vietarne il consumo, anche se Califfi e Sultani non erano astemi. Ma solo alla fine del XIX secolo il vino riconquistò la sua terra d’origine.Nel 1857 i gesuiti fondarono le cantine di Ksara nel Libano che, ancora oggi, sono le più grandi del Mediterraneo orientale. Nel Libano sul versante orientale del Monte Barouk, sulla valle della Bekaa e a fianco dei colpi di cannone, c’è un vigneto di 130ha quasi tutto a Cabernet e Cinsault da cui si produce un vino superlativo, aromatico e serbevole per decenni: è Chateau Musar di Serge Hochar. Sempre in Libano Chateau Kefraya produce vini da bere giovani.
Nel 1880 il barone Edmond de Rothschild restaurò la viticoltura in Israele donando le cantine di Rishonle-Zion e di Zichron-Yaacov che producono i tre quarti del vino nazionale da uve della valle di Carmel. Fino agli anni ’80 si facevano solo vini kosher ma dal 1976 sulle alture del Golan, dal lago di Galilea fino al monte Hermon si sono cominciati a piantare vigneti con le tecniche californiane e, nel 1978, è stato prodotto un Sauvignon Blanc stupefacente. Le migliore etichette sono Yarden, Gamla e Golan nell’ordine, con vini a volte anche eccellenti che hanno costretto le cantine Rothschild a lavorare duro per mantenere il loro livello.
La Turchia resta il maggior viticoltore del Medio Oriente. Per estensione di vigneti è al quinto posto nel mondo, ma solo il 3% delle uve viene trasformato in vino, il resto è uva da tavola o uva passa. Nel 1920 Kemal Ataturk fece costruire un impianto di vinificazione nella speranza di introdurre l’uso del vino tra i suoi compatrioti ma i Turchi, per il 99% musulmani, sembrano difficili da convincere, e riuscì solo a far sopravvivere le varietà indigene dell’Anatolia. Il paese è diviso in nove zone enologiche distinte con numeri romani. La zona II sull’Egeo e la III, Tracia e Mar di Marmara producono i tre quinti del vino nazionale. Il monopolio di stato con 21 aziende vinicole è il principale esportatore di vini da taglio. Tra le ditte private Doluca e Kavaklidere sono probabilmente le migliori.
La Doluca opera nella Tracia con gli ottimi Villa Doluca e Villa Neva dell’Anatolia. Kavaklidere è un concentrato di varietà tipiche dell’Anatolia: Narince, Emir e Sultanine le bianche e Bogazkere, Kalecik Karasi e Okuzgozu le rosse. Nel 1903 Nestor Gianaclis piantò i primi ceppi di vite presso Alessandria e fu il ritorno della vite in Egitto. A nordovest del delta del Nilo, ad Abú Hummus, ancora sono attivi i suoi vigneti. Le uve rosse sono un quinto del totale ma tre quarti del vino bianco viene distillato.

VINI CIPRIOTI
Cipro ha un’antichissima tradizione vinicola e, in quest’area, è il più avanzato dal 1878, inizio del governatorato britannico. Le metodiche innovazioni degli ultimi trent’anni hanno aperto un enorme mercato d’esportazione che però ha subito il colpo della scomparsa dell’ Urss. La viticoltura è praticata intorno ai monti Troodos che attirano la pioggia in un’isola che sarebbe troppo arida. A Cipro non è mai arrivata la fillossera e per continuare ad evitarla si sono sempre piantati solo Mavron, Xynisteri, Ophthalmo e il Muscat di Alessandria anche se, ora che i vigneti sono saliti a 24.000ha, si è piantato Palomino e Grenache e si stanno sperimentando Shiraz, Cabernet e Chardonnay.
A Limassol, il porto della costa sud, si trovano le sedi delle quattro più importanti aziende dell’isola: Etko del 1844, Keo, Laona & Loel, e la cooperativa Sodap. Il vino tipico dell’isola è il Commandaria, già celebre nel XII secolo, fatto con uve passite bianche e rosse dei villaggi di Kalokhorio, Zoopiyi, Yerasa e di altri pochi villaggi vicini. L’intensa dolcezza di questo vino (quattro volte più del porto) spiega l’antica usanza di diluirlo con acqua, anche di mare. Oggi si fanno due tipi di Commandaria: uno più commerciale da dessert, usato per lo più come vino da Messa, e un altro, raro, che ha il misterioso sapore della leggenda dalla freschezza e fruttosità inalterate. I migliori ristoranti greci (sembrano tutti gestiti da Ciprioti) servono vini rossi semplici ma invitanti come l’Othello e il Semeli, il Negro o l’Afames che sono al meglio dopo 3-4 anni.
La scelta migliore per un bianco rinfrescante al sole di Cipro è il leggermente frizzante Bellapais della Keo, che deve il suo nome all’abbazia omonima nei pressi di Kyrenia.

VINI DELL’AFRICA SETTENTRIONALE
In campo vinicolo l’importanza dell’Africa del Nord (Algeria, Tunisia e Marocco) ha subito un netto e costante declino a partire dal 1962 anno in cui L’Algeria si rese indipendente dalla Francia perchè non esisteva un mercato interno in grado di assorbire una produzione usata in massima parte per vini da taglio esportati in Europa. Dal 1966 al 1991 la produzione algerina è scesa da 16 milioni di hl a meno di uno. I vini prodotti nelle zone collinari, che negli anni della colonizzazione avevano avuto la VDQS, sono gli unici ancora prodotti mentre le pianure sono state riconvertite a cereali.
Le regioni vinicole designate sono sette, tutte nelle province occidentali di Orano e Algeri. I Coteaux de Tlemcen, i più prossimi al Marocco, producono rossi e rosati secchi e potenti senza essere grezzi e bianchi morbidi e gradevoli. I vini dei Monts du Tessala non sono altrettanto buoni mentre i Coteaux de Mascara producono bianchi morbidi e fruttati. Thaughrite, Ain-Merane e Mazouna, i nomi attuali dei tre vigneti di Dahra chiamati in passato Robert, Rabelais e Renault, fanno rossi forti e puliti e un interessante e leggero rosato. Nei Coteaux du Zaccar si fanno vini poco fruttati. Le colline di Médèa e Ain- Bessem Bouira producono alcuni dei migliori vini algerini e soprattutto i rosati hanno particolari doti di fascino anche se il vino più prestigioso, il Cuvée du Président, non è sempre all’altezza dei migliori locali.
Il Marocco aveva meno vigne dell’Algeria avendo puntato sempre sulla qualità più che sulla quantità, ciò nonostante il vigneto attuale è di circa la metà di quello del 1970. Le sue denominazioni (AOG) sono decise dal Sodevi, organizzazione centrale della produzione vinicola.
La regione più importante è quella di Fes e Meknès, a oltre 450m di altezza nel medio Atlante e produce i rossi più caratteristici, morbidi e ben fatti, esportati con i nomi di Tarik, pesante, e Chantebled, più leggero. Dal 1993 il Domaine de Sahari, vicino a Meknès, di 1200ha, ha aggiunto alla sua schiera di Rouge de Guerrouane (miscela di Cinsault, Carignan, Grenache, Alicante Bouschet e Syrah) il Cabernet, il Merlot e anche un Gris fatto con Cinsaut. Nei dintorni di Rabat si producono rossi morbidi commercializzati con i nomi dei rispettivi distretti: Rharb, Chellah, Zemmour e Zaer.
A sud di Casablanca la specialità è il vin gris, bianco da uve rosse che si serve ghiacciato. Anche la Tunisia ha una viticoltura improntata alla qualità per il prodotto da esportazione. La specialità del paese è sempre stata il Moscato, probabilmente fin dai tempi dell’antica Cartagine. Oggi la Tunisia produce Moscato sia dolce che secco e questo a Cap Bon. Il produttore maggiore è l’unione delle cooperative e produce il rosso Coteaux de Carthage delle colline intorno a Tunisi, il rosato Chateau Mornag delle colline orientali, il secco Muscat de Kelibia di Cap Bon e il Magon, un rosso più ricco del Coteaux de Carthage, fatto a Tebourba nella valle occidentale di Medjerdah.
L’azienda vinicola di stato produce lo Chateau Thibar, un rosso del nord-ovest del paese e il Sidi Selem, un altro rosso di Mornag. Due fra i più importanti produttori privati, Lamblot e Chateau Feriani, fanno i loro notevoli rossi nella zona dei Coteaux d’Utique, a nord di Tunisi. Lavau e Tardi operano invece nella regione di Tébourba e nelle colline settentrionali. La Tunisia produce in abbondanza ottimi rossi sani e robusti, ottimi moscati dolci e gradevolissimi rosati, anche se alcuni sono velati dal profumo di moscato; scarseggiano invece i bianchi, nella produzione dei quali l’Algeria consegue risultati sicuramente più consistenti.



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