VINI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO Portogallo, Austria, Svizzera, ungheria, ceca, slovacchia

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Vini europei vino del mediterraneo vini europei mediterraneiVINI PORTOGHESI
Il Portogallo ha un clima ideale per la viticoltura. Escluso l’Alto Douro, le rimanenti regioni godono di una piovosità abbondantecon estati lunghe, radiose di sole ma non torride. Il suo vino migliore è il Porto e fu regolamentato molto prima che lo facesse chiunque altro. Poi furono regolamentate alcune altre zone e non sempre a beneficio della qualità. Bastavano i successi commerciali del vinho verde della regione del Minho (un quarto della produzione nazionale) e del rosè dolce Mateus prodotto dalla Sogrape, che produce anche il Planalto, un bianco secco. Fino agli anni ’70 solo la regione del Dao era regolamentata, ma per vini anonimi, e il Moscato di Setubal che invece primeggia nel mondo. Con l’ingresso nella CE, nel 1986, Lisbona ha prontamente definite le sue IPR (Indicaçãoes de Proveniência Regulamentada) e, all’interno di queste, le sue DOC (Denominação de Origem Controlada). Oggi la tendenza è verso l’individualità e vi sono dozzine di esempi. Il primo, ed è ancora il migliore, comparve negli anni ’50 ad opera della Ferreira (azienda di Porto) con un sontuoso e raro Barca Velha, J.M.da Fonseca è il più importante produttore di Setubal e di rossi ammirevoli come il Periquita e il Camarate.
La regione più settentrionale è quella del Minho che con i Vinhos verdes (non allude al colore ma allo stile) dà il maggior contributo alla produzione di vino da tavola: fresco, leggermente aspro come un frutto acerbo, rosso (¾ della produzione) o bianco quasi incolore. Il vino per l’esportazione, oltre la malolattica, subisce un ulteriore addolcimento. Sempre a nord, ma verso l’interno, Trás os Montes e le sue IPR Chaves, Volpaços e Planalto-Mirandês producono, in cooperativee, grandi quantità di vini forti. Subito sotto, a partire dal confine spagnolo, la regione dell’ Alto Douro. Qui mancava anche la terra per piantarci vigna. Colline e monti di granito e ardesia instabile, arroventati dal sole e scoscesi sulle valli del Douro, del Távora, del Torto, del Tua e del Pinhão. A partire dal XVII secolo, naturalmente a mano, si è cominciato a terrazzare le colline lungo tutto il perimetro ed a costruirvi un terreno di piante e materiale organico.
Oggi la zona è venti volte più vasta di quanto non lo fosse nel 1756, quando fu regolamentata per vendere vino agli inglesi. In questa regione i muretti e i gradini sono l’incubo degli attuali viticoltori che nella sistemazione dei vigneti intervengono con ruspe e dinamite per avere appezzamenti con una pendenza accettabile e che siano accessibili alle macchine agricole. I vigneti da cui si ottiene il porto sono suddivisi in sei classi e le quantità di vino che si possono vendere come porto sono regolate in base a questa classifica. I fattori presi in considerazione sono analoghi a quelli adottati, per esempio, in Borgogna o in Germania anche se con diverso criterio di priorità. Produzione contenuta (600lt per mille ceppi, 21%), altitudine (19,6%) sono gli elementi di primaria importanza: seguono terreno (13,7%), località (12,7%), sistemazione ceppi (11,8%), vitigni (8,8%), pendenza (3,9%), esposizione (2,5%), spaziatuta (1,9%), tipo di suolo (1,6 %), età dei ceppi (1,3%) e protezione (1,2%). Su queste alture, nelle quintas, si allevano e si pigiano le uve che daranno il porto.
Si pigiano lungamente, a piedi nudi nei lagares, per estrarre il colore dalle bucce, perchè la loro macerazione nel mosto non è sufficiente dato che la fermentazione si interrompe quando è stato svolto in alcol circa la metà dello zucchero per versare il mosto in una botte piena per un quarto di acquavite. Oggi questo sistema è largamente sostituito dalla fermentazione in tino chiuso che sfrutta la pressione dell’anidride carbonica per tenere immerso il cappello. Da questo momento il vino lascia le quintas per arrivare nelle logge che stanno alla foce del Douro e che appartiene ad un’altra regione, il Douro Littoral, produttore del vinho verde e sede a Vila Nova de Gaia (sobborgo di Oporto sulla riva opposta del fiume) delle bodegas dove il Porto resta a maturare in fusti da 522lt per un periodo variabile dai due ai cinquant’anni. I produttori di porto che hanno logge a Vila Nova de Gaia sono: Fonseca, Graham, Diez Hermanos, Ferreira, Companhia Velha, Gran Cruz, Niepoort, Martinez Gassiot, Cockburn, Barros, Instituto do Vinho e da Vinha, Dow, Burmester, Mackenzie, Ramos Pinto, Sandeman, Smith Woodhouse, Rozés, Kopke, Wiese & Kron, Companhia do Comércio do Vinho do Porto (CCVP), Rainha Santa, Croft, Taylor, Offley Forrester, Warre, Noval, Borges, Calem, Churchill, Osborne e Delaforce. Le montuose Beiras (Alta e Baixa) segnano il confine con la Spagna a sud del Douro. Il Beira Littoral include la DOC Bairrada ma nessuna produce vino di rilievo. Tra le tre Beiras c’è la campagna collinosa dal suolo sabbioso con il granito affiorante solcata dal Dão, dal Mondego, dall’Alva e dal Ceira. Un singolare regolamento che obbligava i produttori a conferire tutta l’uva a rozze cooperative e impediva il decollo della zona. Dopo l’intervento della CE che ha proibito questo monopolio si prevede un buon futuro sia per i bianchi che per i rossi.
Le aziende che, per ora, hanno le migliori possibilità sono la Quinta da Insua di Fonseca, la Conde de Santar e la Quinta dos Carvalhais della società Sogrape (quella del Mateus), con il marchio Grão Vasco. A sud l’ Estremadura con sei IPR ma l’unica promettente è Alenquer con il suo Quinta das Pancas. Appare singolare che i monaci del potente monastero di Alcobaça, che nel XVIII secolo era il più ricco dei cistercensi e “il più grande tempio della ghiottoneria”, non abbiano fatto niente per i vini dell’Estremadura, loro che piantarono il Clos de Vougeot e lo Steinberg. Subito sotto c’è Lisbona e qui le viti si coltivano fino in riva al mare, dove la fillossera non le può attaccare. Strisciano sul terreno portando piccoli grappoli di un blu intenso: il Ramisco che è sempre stato considerato il miglior rosso da tavola del Portogallo. I vigneti della DOC Carcavelos danno un vino eccellente, dolce e ambrato, ma gli investitori si rivolgono ad altre attività più redditizie. L’altro vino a DOC è il Bucelas (o Bucellas) un bianco secco, piacevole e fresco ma non memorabile. Più importanti sono i vigneti della penisola di Arrabida (IPR) al di là del ponte sul Tago, dove si produce la DOC Setubal. Il Moscatel de Setubal di Fonseca, vino fortificato lasciato a fermentare con le sue stesse vinacce, è uno dei migliori moscati al mondo e, a differenza del Moscato francese, migliora con l’invecchia-mento, anche se molto lungo. Il rosso rappresenta l’85% del vino prodotto e quelli più meritori sono fatti con il Baga, vitigno locale da usare in miscela perchè troppo tannico. Il poco bianco (vitigni Maria Gomes e Bical) viene prodotto per lo più in forma di spumante. In questa zona, proprio sui pendii del colle di Buçaco, dove Wellington respinse le armate di Napoleone, sorge il Buçaco Palace Hotel che produce e invecchia i suoi vini bianchi e rossi con i metodi tradizionali: pigiatura nel lagar e maturazione par anni. I bianchi migliori hanno vent’anni e i rossi almeno trenta.
La Valle del Tago (Tejo) è l’assai produttiva Ribatejo. Delle sei zone IPR, Cartaxo e Almeirim sono le più promettenti A sud L’ Alentejo, nelle sue terre bruciate dal sole, ha olivi e querce da sughero di cui la regione è la principale produttrice mondiale. Le fattorie sono rare e i latifondi sono stati motivo di scontro sociale nei rivoluzionari anni ’70. I proprietari terrieri sono stati e spropriati e i terreni coltivati ed i vigneti sono andati in rovina. Ora l’Alentejo ha otto zone IPR, sei delle quali gestite da cooperative ed è significativo che investitori internazionali molto sofisticati abbiano rivolto la loro attenzione a questa regione. La notorietà è stata raggiunta nel 1991 quando i Rothschild acquistarono la Quinta do Carmo a Estremoz ed i suoi rossi sono già di moto effetto e le aziende più ambiziose rinunciano alla IPR per coltivare l’Alicante Bouschet, un’uva povera in Francia ma pregiata nell’Alentejo. Tra le grandi cooperative quella di Borba è la meglio attrezzata. Seicentocinquanta chilometri al largo della costa atlantica del Marocco si trova un gruppo di isole che gli antichi conoscevano come Isole Incantate. Porto Santo, Desertas e Madeira la più vasta di questo arcipelago, dirupata come un iceberg e verde come una prateria. I portoghesi che la scoprirono la destinarono alla produzione, tra l’altro, di un vino che divenne famoso a usarlo come zavorra per le navi e che trovò un mercato nelle colonie americane e alla corte di Francesco I di Francia. I disastri dell’oidio (1850) e della fillossera (1870), la rivoluzione russa e il proibizionismo americano misero fine alla produzione del Madeira. Dopo gli interventi della CE, si distingue il Madeira dai vitigni usati: Malmsey, il più dolce, Bual, più leggero ma raro, Verdelho, ancora meno dolce, e Sercial, il più secco. La nuova normativa prevede che siano indicati i nomi delle quattro varietà solo se presenti almeno all’85% (compreso il vinho surdo).Oggi la Madeira Wine Company vende i suoi vini migliori con i nomi storici di Blandy e Cossart e le miscele economiche come Leacock e Miles. Henriques & Henriques (il più grande indipendente), Barbeito (oggi giapponese) e H.M.Borges sono gli altri produttori.

VINI AUSTRIACI
L’Austria è ottava nella classifica mondiale dei consumatori di vino e sedicesima in quella dei produttori. I commercianti austriaci erano esperti nel miscelare vini a basso costo provenienti dall’Est Europa e dall’Italia poi le cose migliorarono con la legge, emanata nel 1972, sul modello di quella tedesca. Ma quello che ha fatto elevare tutti i suoi standard e la sua vitalità fu lo scandalo del 1985 quando furono scoperti produttori e commercianti che addizionavano il loro vino con alcol dietilenico.
L’Austria non è più il grande impero di prima della Grande Guerra e solo nella sua zona orientale si produce vino. Intorno a Vienna (la capitale che più di ogni altra si identifica con il vino, ci sono vigne ovunque perfino nei giardini residenziali) nelle colline che la circondano, nel grande bosco viennese e lungo la Sudbahn ( oggi Thermenregion) dove si produce Heurige (vino nuovo) che va bevuto nelle Heurigen (taverne giardino) amate da Beethoven che vi trovava l’ispirazione. Sono vini briosi e vivaci prodotti con Gruner- Veltliner, Muller-Thurgau, Weissburgunder, Riesling e Traminer. Nella Thermenregion si producono Riesling secchi, l’eroe nazionale è il Neuberger e anche Chardonnay che dà buoni campioni a Traiskirchen. Le stazioni termali di Baden e Bad Voslau sono note soprattutto per i loro rossi secchi e inebrianti ma che stanno provando il Blauburgunder e il Cabernet.
A 65Km a ovest di Vienna si trova il Wachau la zona del miglior Gruner-Veltliner e dove sta avvenendo la conversione al Riesling con il quale primeggiano Hirtzberger, Jameck, Prager, Picler, Alzinger e la famosa cooperativa dei Freie Weingartner a Durnstein. Durnstein é il villaggio più pittoresco della valle con un magnifico albergo, un campanile barocco, il castello in rovina dove fu imprigionato Riccardo Cuor di Leone e con le vigne che digradano verso il fiume Donau. I viticoltori della zona hanno un loro sistema per catalogare i vini: lo Steinfeder è un Kabinett leggero, il Federspiel è una versione più vibrante, mentre lo Smaragd un secco che equivale ad uno Spatlese tedesco. Al confine con la Slovenia, nella zona meridionale, si trova la Styria con solo il 5% dei vigneti ma una grossa reputazione per Welschriesling, Sauvignon e Morillon (Chardonnay) bianchi dall’aroma intenso e un Traminer dal suolo vulcanico di Kloch.
Il rosè Schilcher, pallido e penetrante è la specialità della Styria occidentale. Infine il Burgenland, diviso in quattro quadranti intorno al lago di Neusiedl, lungo oltre 30Km e profondo 1m. Qui si coltivano bianchi e rossi ma il vino più famoso viene da Rust ed è l’Ausbruch un vino dolce che equivale all’Aszù ungherese ma che viene prodotto con una tecnica opposta: mosto di uve surmature al quale si aggiunge mosto di uve normali.

VINI SVIZZERI
Gli svizzeri sono intenditori e consumatori di vino, il loro compreso che, raramente varca i confini del cantone e quasi mai quelli dello stato. In più allevano una gran varietà di viti con efficienza scrupolosa, su un vigneto frazionatissimo di 14.000 ha, aiutati dall’irrigazione e dalla fertilizzazione e, se necessario, anche dallo zucchero. La produzione del vino rosso, un tempo irrilevante, oggi è pari a circa un quarto del totale.
Specialmente con qualche buon Merlot del Canton Ticino che ormai ne è un tradizionale produttore da quando introdusse il Merlot di Bordeaux nel 1907. Recentemente il Canton Ticino (800ha di vigneto) è diventato esportatore. Quasi tutti i cantoni producono vino, nella valle del Rodano, intorno ai laghi di Ginevra e di Neuchatel. Un piccolo distretto alla frontiera austriaca, Herrschaft , alleva il locale Competer che, vendemmiato a novembre, se ne ottiene una specie di Beerenauslese. Nel Liechtenstein si alleva quasi soltanto il Blauburgunder (Clevner) da cui si ottiene un vino eccellente e costoso, che deve i suoi pregi al foehn, caldo vento autunnale. A Zurigo, Schaffhausen, St.Gallen, Basilea e Lucerna si producono vini solo potabili con il Blauburgunder.
Neuchatel è famosa sia per il bianco (¾ del totale) che per il rosso su un vigneto di 600ha dove cresce bene il Pinot Noir spesso venduto come rosato con il nome di oeil de perdrix, e lo Chasselas per il bianco spesso frizzante perchè imbottigliato sur lie. Quasi simili i vini prodotti intorno al lago di Bienne (Bieler see) venduti a prezzi nettamente superiori come Schafiser o Twanner. Il più caro di tutti è l’Inselwein prodotto nella piccola isola di Peter.

VINI UNGHERESI
La storia enologica ungherese risale ai Romani e, in parte ancora prima, ai Greci e passando per tutti i suoi accadimenti è stata molto caratteristica fino agli anni ’60 quando, con il comunismo, ha badato più al prezzo che al vino. Dagli anni ’70 sono cominciati a comparire i vitigni internazionali e più ancora negli anni ’90 con le privatizzazioni. In Ungheria si preferiscono i vini dolci ma che si accompagnano perfettamente alle loro pietanze grasse e speziate.
Il vino principe è il bianco e poi buoni rossi ma ancora solo con le varietà locali. La grande varietà di vitigni ungheresi comincia con il Furmint acidulo e il delicato Harslevelu che sono le uve del Tokaj. Il raro Keknyelu e lo Szurkebarat (Pinot Grigio) diffuso sulle rive del Balaton, il più grande lago d’Europa dove, sulla riva a nord i migliori risultati provengono dai vitigni autoctoni, Furmint, Szurkebarat e Keknyelu che danno un bianco possente odoroso di miele. A sud del lago si trova la grande azienda vinicola di stato di Balatonboglar che è il centro sperimentale delle varietà straniere. A sud-ovest della zona del Tokaj si trova il distretto di Eger, il secondo di Ungheria, dalla fusione di due vecchi distretti, Gyongyos- Visonta e Debro (cioè dei villaggi Aldebro, Feldebro e Verpelet) dove i vitigni tradizionali sono stati soppiantati dal Gyongyos Chardonnay e dal Sauvignon.
Il più famoso vino da tavola è il Bikaver (sangue di toro – Bull’s Blood) che si produce a Eger nelle grandissime cantine di stato scavate nelle colline di tufo scuro, ma il migliore è il bianco Leanyka, aromatico e vivace. Sempre sul Balaton Ezerjo, fresco fino ad aspro, Olaszrizling intenso più che altrove, Mezesfeher ricco e pastoso, Jufark aspro e fragrante, ... Traminer, Sauvignon, Chardonnay e Pinot bianco. Tra i rossi il più diffuso è il potabile Kadarka, seguono il leggero Kekfrankos (Blaufrankisch) che ha sostituito il Kadarka nel sangue di toro e lo ha diluito, il solido Pinot Noir e il Medoc Nero (Merlot). Più della metà delle vigne ungheresi si estende nella grande pianura Alfold a sud di Budapest sul terreno sabbioso delimitato dal Danubio e dal Tisza e il vino è l’ordinario rosso Kadarka o il bianco Olaszrizling o Ezerjo. Il resto delle vigne è sparso sulle colline che attraversano il paese da sud-ovest a nord-est e che culminano nelle colline del Tokajhegyalja.
Sicuramente il vino più famoso d’Ungheria è il Tokaj, una leggenda lunga 400 anni, che ha eguagliato lo champagne nella produzione di aneddoti e miti: il cappellano calvinista della famiglia Rakoczi (Szepsi, 1650) che lo produce nel vigneto Oremus, i cavalieri polacchi che lo bevvero nel 1683 quando tolsero l’assedio turco a Vienna e Pietro il Grande e Caterina di Russia che mantenevano un distaccamento permanente staccamento permanente di cosacchi nel Tokaj per scortare il loro vino. I vigneti sono stati classificati nel 1700 dal principe Rakoczi. Dal 1804 sono stati classificati in vigneti di prima, seconda e terza classe e in vigneti a coltivazione non classificata. Accanto a queste zone ci sono tre “Grandi Coltivazioni”, una nel Tokaj e due a ovest nel Tarcal chiamate letteralmente “fuori concorso” perchè erano una proprietà imperiale la cui produzione passava direttamente alle teste coronate. Una di queste vigne, Csarfas, è una stazione di ricerca nazionale. Le altre due sono entrambe dette Mezesmaly (favo di miele). Nel 1993, dopo le privatizzazioni del ’90, sono nate sette joint-venture, di cui tre con i francesi, per migliorare i vigneti e le cantine. e la zona sta tornando all’antico sistema delle tenute con una straordinaria ricaduta sulla qualità.

VINI CECO - SLOVACCHI
Le Repubbliche Ceca e Slovacca hanno sempre avuto una buona tradizione enologica e quanto essa fosse valida se ne sono accorti i turisti quando sono cominciati ad arrivare, dal 1989, nei caffè di Praga ed hanno scoperto i vini bianchi etichettati Moravenka. Dal punto di vista vinicolo la più importante è la Slovacchia con i vigneti raggruppati intorno a Bratislava e ad est lungo il confine ungherese dove ha incluso nei suoi confini due villaggi della regione del Tokaj e i vini prodotti a Nové Mesto meritano di essere assaggiati. Raca, appena a nord di Bratislava, è celebre per i rossi corposi Frankovka, St.Laurent e Pinot Noir.
Per il Riesling e il Rulander l’etichetta più famosa è Modra, seguita da Nitra. Sered, più a sud, produce spumante dal XIX secolo, mentre le cantine di Ruban vicino a Nové Zamky sono note per i Rulander speziati, Veltliner e Traminer nonchè per il Limberger, rosso da lunga maturazione. Poi segue l’adiacente Moravia, nella Repubblica Ceca, con i vigneti concentrati tra la capitale Brno e il confine austriaco, allungati verso est sulle colline Palava per 110km dove i vini di maggior successo sono i Sauvignon delle due attrezzatissime cantine di Znojmo e il Rulander e il Riesling di Valtice, Pavlov, Mikulov e Bzenec. I rossi non sono altrettanto interessanti e, al momento, il migliore è il St. Laurent di Velke Pavlovice, Valtice e Bzenec. La Boemia ha solo 400ha di vigneti sparsi sulla riva destra dell’Elbe (Labe).

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